Professionisti: la detraibilità dell’IVA sulle spese di ristrutturazione

Nell’ambito del lavoro autonomo, la deducibilità delle spese di ammodernamento, ristrutturazione e manutenzione sostenute per l’immobile adibito all’attività professionale non presenta particolari rilevanze, essendo riconosciuta nel limite del cinque per cento del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili risultante all’inizio dell’anno dai registri contabili. 

L’eventuale eccedenza è recuperabile nei cinque anni successivi. 

In caso di uso promiscuo dell’immobile, la deducibilità è limitata al cinquanta per cento.

In tema di IVA la questione, per le situazioni più semplici, come la manutenzione ordinaria, è ancora più semplice, dato che la detrazione dell’imposta è generalmente ammessa

Tuttavia la fattispecie può presentare delle caratteristiche tali per cui il diritto alla detrazione dovrà essere valutato in base a un più generale principio di inerenza, il cui scopo è quello di evitare situazioni abusive.

La situazione più sotto osservazione è quella delle spese di manutenzione straordinaria sostenute dal locatario professionista (o in generale dal lavoratore autonomo) sull’immobile locato e adibito all’attività professionale.

La potenziale situazione abusiva deriva dalla constatazione che le spese di manutenzione straordinaria, di ristrutturazione e in generale le migliorie, di norma sarebbero a carico del locatore, per cui il fatto che vengano sostenute dal locatario rappresenta un campanello d’allarme in relazione a possibili abusi.

In questa situazione gli abusi discendono dal fatto che il professionista per quelle spese avrebbe diritto alla detrazione dell’IVA, mentre il locatore possibilmente no.

Della questione si è di recente occupata la Corte di Cassazione con l’ordinanza 14853/2022, la quale, in relazione alla situazione in esame, pone il punto sull’inerenza dei costi sostenuti, requisito necessario ai fini del diritto alla detrazione dell’imposta.

Quella sull’inerenza è una valutazione che occorrerà effettuare per discriminare i profili di possibile abuso.

Partendo dalla constatazione che tali tipologie di spese non dovrebbero essere a carico del locatario, la Corte ci spiega che la discriminate, ai fini della valutazione dell’inerenza, è costituita dall’entità economica e dalla natura delle spese di ristrutturazione sostenute.

Se infatti le spese di adattamento dei locali all’attività professionale esercitata potranno di certo essere considerate inerenti, lo stesso non si potrà dire per una “ristrutturazione completa e radicale dell’immobile” in quanto tali spese “implicano il venir meno del requisito della pertinenza della spesa allo svolgimento della libera professione”.

In definitiva quindi, le spese di manutenzione straordinaria sostenute dal lavoratore autonomo su beni di terzi sono detraibili, fermo restando la necessità di valorizzare l’inerenza delle spese sostenute in relazione all’attività svolta.

Una tale impostazione della questione discende dalla necessità di scongiurare il potenziale proliferare di situazioni abusive, nel caso in cui il requisito di inerenza non sia effettivamente richiesto.

Però, se l’accertamento dell’inerenza di tipo qualitativo, legata alla tipologia di costi sostenuti, è qualcosa di immanente nel sistema tributario, la Corte di Cassazione con l’ordinanza 14853/2022 si spinge oltre, richiedendo che sia oggetto di valutazione anche l’inerenza di tipo quantitativo, legata all’entità dei costi sostenuti, in quanto “l’ammontare degli esborsi per la ristrutturazione confligge con un canone di economicità che non trova obbiettiva giustificazione in rapporto alla entità elevata dei costi sostenuti”, secondo un principio caro a giurisprudenza e prassi nazionali che, però, non è egualmente insito nell’ordinamento.